Le folle non sono mai assetate di verità, soprattutto quelle “elettorali”. “Chiunque illude le folle –diceva Le Bon- diventa il loro padrone. Chiunque tenta di disilluderle diventa la loro vittima”. Ecco che come sempre si torna a parlare di cambiamento. Non importa se a parlarne sono anche coloro che hanno fatto parte del “vecchio” in passate amministrazioni o che sono addirittura in carica. Anzi è meglio, perché in realtà alla folla non piace cambiare. Essa ama solo l’illusione del cambiamento perché cambiare costa fatica, responsabilità individuale, impegno in prima persona per il miglioramento della società. Perciò una grossa massa tende ad eclissarsi per quattro anni e nove mesi per poi ricomparire a tre mesi dalle elezioni con grandi propositi, con il pieno di entusiasmo ed una visione luminosa del futuro. Le case si cominciano dalle fondamenta ma a parecchi piacciono i tetti; sarà per questo che i programmi escono sempre più tardi. Prima ci si trova in tanti a dire che bisogna cambiare, a convincersi che questa è la volta buona, a parlare male di quelli di prima -che confluiscono sempre in quelli di ora- ma sul concreto la visione è torba. Formare un programma approfondito senza paura di esporlo significa aver lavorato negli anni precedenti, ed è pericoloso per un elettore leggerlo perché può stimolare gravi momenti di calma per ragionare. Non sia mai! Non è tale la regola per ottenere i consensi della folla elettorale, questa è roba da individui. I consensi si ottengono con l’irrazionalità, con gli impulsi emotivi, con lo show. Conta l’intrattenimento, magari con una bibita altrimenti un po’ di gente non ci viene a sentire discorsi sul suo futuro. Come ogni show che si rispetti ci vuole un presentatore sgargiante e magari la musica perché bisogna emozionare il pubblico. Non è sbagliata la musica, anzi, e non si vuole denigrare i validi presentatori che fanno bene il loro lavoro. E’ sempre stato così, tranne eccezioni non calcolate. E come è piacevole sentirsi coccolati per quei tre mesi, come è bello incrociare il sorriso spassionato dei candidati che ti fanno capire che da ora in poi sarà diverso, che loro saranno diversi, più aperti ed inclusivi. “Stavolta cambierà –si dice colui che è finito nella folla- stavolta non mi sentirò tradito, finalmente”. Poi la folla tornerà nel sonno lamentandosi ogni tanto, sbuffando nervosamente per i postumi dell’ubriacatura elettorale. Molti si chiederanno, per l’ennesima volta, come abbiano fatto a cascarci e così via in un circolo apparentemente senza fine. Tuttavia qualche voce fuori campo arriva e qualcuno dalla mischia se ne accorge. Sono inviti pericolosi, ad uscire dal trambusto per trovare rifugio in angoli di calma interiore. Chi risponde a tali inviti non è più un buon appositore di “X” ma un individuo che vede le cose con imparzialità, formandosi un’idea da solo. Egli diventa un nemico, la famosa eccezione che raramente ha la meglio cambiando la storia. Se alle voci fuori campo rispondono in diversi diventa possibile rompere l’incantesimo ed uscire dal circolo vizioso. Un amico è colui che ti dice le cose come stanno anche se non vuoi sentirle, anche se poi ti arrabbi. Ecco, ci vorrebbe uno che all’occorrenza ti desse uno schiaffo nel muso per farti ripigliare. Senza, però, che egli diventi una vittima. Il cambiamento non è mai determinato da una “X” su un foglio; sarebbe troppo facile. Invece dell’illusione del “Partito unico” diventa l’eccezione, scegli il disinganno cambiando la storia.
In attesa della lista mancante buon proseguimento di serata.